- D'alema e gli ultimi giorni dell'umanità
riflessioni su una magica intervista (dal Sole 24 ore di Martedì 24 Marzo, pag.3)
Propongo qui una pacata riflessione sulle vicende del mondo contemporaneo, martoriato, come
oramai i più sanno, da strane passioni e inesplicabili conflitti tra pari. Che sia amore, quel che
nasce e cresce? Quello che vorrei cercare di fare è quindi una disamina, possibilmente a cuore
aperto, di certo "pensiero" politico, di certa politica e di certi modi di attuarla, una messa in crisi
di certi luoghi comuni e certe parole, un ripensamento di temi per niente "desueti" ma invece
trascurati e accantonati. Vorrei, grazie ad una stimolante intervista apparsa su un altrettanto
stimolante giornale, trovare l'occasione per parlare di alcune questioni, per rimettere in gioco
alcune parole molto dette ma poco pensate e discusse: per esempio "Europa" o "competitività",
"fine dello Stato sociale" e "disoccupazione". Insomma, usare un semplice articolo di giornale
per rimettere in questione alcune coordinate che vorrebbero darci per scontate e riproporle sotto
altro segno.
Lavoro non facile ma non per questo impossibile. Comunque, un lavoro oggi del tutto
necessario. Foss'altro per evidenziare, e finalmente svelare, l'amor ch'è nato e cresce tra i bei
protagonisti della scena politica italiana. Che, come è risaputo, si amano da sempre, ma in
segreto e fingendo di odiarsi. Ma è giunta l'ora che si emancipino: non temano più rimproveri o
moralistici rimbrotti. D'alema e Fini, il Berlusca e Prodi si amino pure alla luce del sole:
nessuno ci troverà niente di scandaloso, anzi, ogni buon cittadino si godrà lo spettacolo con
grande gusto. Quindi, diamoci da fare per aiutare questi poveri amanti nascosti, e vediamo cosa
ne esce.
- Se una notte d'inverno un viaggiatore...
incontrasse per caso un giornalista del Sole 24 ore, sicuramente rimpiangerebbe di non aver
incontrato Dracula. Ma se, sempre per caso, incontrasse D'alema, allora sicuramente
rimpiangerebbe di non aver incontrato un giornalista del Sole 24 ore. Così va la vita. E così
vanno, oggi, le cose. C'è chi scrive, chi comanda, chi viaggia e chi, disgraziatamente, legge.
Capita dunque, leggendo, di imbattersi in libri, giornali, articoli ed interviste. Una a mio avviso
di particolare interesse è apparsa giustappunto sul Sole 24 ore di Martedì 24 Marzo 1998.
Prima di affrontarla, tuttavia, sono d'uopo alcune considerazioni di carattere generale, che
meglio ci aiuteranno nel difficile compito di sostenere l'accoppiata "giornalista-politico".
In Italia stiamo sperimentando, ormai da qualche anno, alcune tra le punte più avanzate di
"nuovo dominio", cioè quel dominio dominato dal verbo della "democrazia" e dell'"economia" -
parole queste intoccabili e imprenetrabili, vera e propria panacea di ogni dubbio e pacificatrici
di ogni resistenza. Questa sperimentazione, ben orchestrata e sicuramente molto fruttuosa, è
stata portata avanti da un partito che ha fatto del gioco politico e della macchinazione, del
servilismo verso il potere e della repressione i suoi punti-forza, dunque dal partito più adatto
alla bisogna. Sicuramente la maggior parte di voi avrà capito di chi sto parlando, ma lo dico lo
stesso proprio per ottemperare ad una formalità: sto parlando, ovviamente, del PCI/PDS,
paladino del capitalismo almeno dai tempi di Togliatti, nemico mortale dei comunisti e crociato
contro i movimenti sociali da quando esiste.
Di questi figli di Stalin - padre putativo costui certo non misconosciuto nemmeno oggi
che, a parole, sono avvenute molte svolte - oggi al potere in tutta la loro gloria e il loro
splendore, credo sia arrivato il momento di parlare più a fondo, inaugurare analisi, destrutturare
il pensiero, scavare la melmosa apparenza per scoprirne i reali progetti politici. Si tratta, invero,
di un lavoro non facile e lungo. Ma non mancano, in ogni caso, gli strumenti e la possibilità per
farlo. Certe volte, è sufficiente partire da un piccolo articolo, da una demenziale intervista fatta
da un demenziale giornale su demenziali questioni al più bestiale tra i demenziali componenti di
questo Ku-klux-klan della politica contemporanea per almeno dare il la a questo necessario
lavoro, sperando che vi sia un seguito e comunque già cominciando a mettere un dito su questa
puzzolentissima piaga.
Prendiamo, ad esempio, questo fogliaccio sbiadito e sclerotico dal nome Sole 24 ore -
inspiegabilmente osannato da molti semplicemente perché pubblica qualche numero e
qualche cifretta e pochi articoli di bassa cultura generale -, un intervistatore la cui
lungimiranza lo porta a vedere non più lontano di un mastrino da partita doppia, e
finalmente lui, una delle bestie più riprovevoli del momento, il segretario generale
del grande Partito Democratico della Sinistra Massimo D'Alema.
E vediamo cosa si dicono.
Comincia, l'acuto giornalista, con una questione che dire oggi classica è poco: l'Europa.
Siamo ad una passo dall’Europa, sottolinea con la consueta litanìa il grande reporter, e
quindi occorre ... indovinate cosa? Ma la "Stabilità Politica". E fermiamoci qui,
perché immediatamente emergono un paio di considerazioni: come si può notare, ci sono subito
un paio di problemucci su un paio di cose date per scontate ma che in realtà non lo sono per
niente.
Per esempio, l'Europa. Io ricordo con chiarezza quando, alle elementari, la mia maestra ci
mostrava premurosamente la bella carta attaccata alla scrostata parete della classe per
indicarci che l'Italia si trovava, ebbene, sì, in Europa, e non altrove. Cioè, che era parte
integrante sia in senso politico-geografico che culturale e per la storia e la tradizione di un
insieme che si chiamava "Europa". Adesso: magia! Scopriamo che solo ora stiamo per
entrarci! Misteri della modernità...oppure c'è qualcos'altro? Che cos'è, insomma, l'Europa?
Chi me lo sa dire, senza scadere nel "nullismo" degli slogan giornalistici? E poi, per
andare avanti con la problematizzazione - cosa molto poco apprezzata oggi, che tutti
hanno fretta: che cosa si deve intendere per "stabilità politica"? La stabilità di cosa, e per
chi, e in che senso politica? A chi serve l'Europa, e a chi la stabilità? Che cosa significa
"entrare in Europa", che cosa significa "stabilità politica"? Forse potremo trovare qualche
risposta proseguendo con la lettura di questo meraviglioso articolo, e quindi andiamo
avanti. L'importante, comunque, era mettere in evidenza la problematicità di certi assunti
che oggi sembrano scontati ma non lo sono affatto - e, detto per inciso, questo è un gioco
ben riuscito del potere per far passare, ad un livello superficiale e della chiacchiera,
decisioni e svolte del tutto dannose, soprattutto proprio per quella gente che,
superficialmente, senza sapere cosa sono le approva e le difende, e questo soprattutto
grazie al lavoro dei giornali e dei media.
Insomma, l'Europa: parola-formula magica a cui tutto si deve e a cui tutto si sacrifica,
senza chiederci perché. Come facciamo, dunque, per raggiungere questa benedetta
necessaria stabilità politica? Esordisce, finalmente, da suo pari il grande Segretario:
"Temo proprio che raggiunta la mèta ci sia chi possa pensare che ricomincia la
ricreazione". Capita l'antifona? Pensavate che una volta in Europa tutto sarebbe andato
infine a posto e che finalmente ci si sarebbe potuti dedicare al giusto riposo? Illusi, quanto
puppereste, come si dice dalle mie parti. Niente da fare: morire e poi ancora morire. Non
"ricomincia" (notare prego l'uso del verbo "ricominciare" invece che "cominciare" NB.) la
ricreazione, ma si prosegue entro una strada di sacrifici condita da lacrime e sangue (degli
altri, ovviamente). Solo mantenendo questa giusta strada, dunque, sembra sia possibile
aspirare alla necessaria "stabilità politica". Forse perché stremando la gente, D'alema
pensa che nessuno abbia più la forza di ribellarsi, e potrebbe anche avere ragione. Ma non
anticipiamo con conclusioni affrettate.
Insomma, l'Europa, e quindi l'Euro, la mitica moneta magica che risolverà tutti i nostri
problemi nel terzo millennio, dal mal di denti in su. "Cosa significa - continua dunque
l'altrettanto mitico giornalista - per il governo e per la maggioranza essere riusciti a
centrare l'obbiettivo dell'Euro?". Ed ecco la, naturalmente, mitica risposta di D'alema:
"Innanzitutto vuol dire aver evitato che il nostro paese finisse in serie B". Bella frase,
piena di egualitarismo e molto democratica, proprio adatta ad un partito che si spaccia
continuamente per il paladino della democrazia e degli ideali di uguaglianza di possibilità
per tutti. Ma il merito, continua il Nostro, non va solo a noi ma a molti, non ultimi alla
sinistra e ai sindacati italiani (e chi ne dubitava!), i quali "hanno svolto una funzione molto
importante per centrare l'obbiettivo". Ma, naturalmente, non è il caso di fermarci qui:
bisogna "sviluppare delle politiche per migliorare la competitività del sistema Italia e
questo non avverrà spontaneamente". Ahi ahi ahi, e qui si sente già odore di bruciato, e
più precisamente di carne bruciata, quella del culo della gente che, già usurato da "sinistra
e sindacati" dovrà prepararsi temo ad affrontare ancora più temibili battaglie!
A parte che, per tornare alla serie "le ovvietà famose", non si capisce proprio perché
l'Italia debba essere un "sistema" e cosa significhi questa cosa, mi sembra il caso qui di
soffermarci per sottolineare una delle più importanti mitologie del momento, finalmente
messa in evidenza dal Nostro e grandemente caricata di vitali ed oscuri significati: la
COMPETITIVITÀ. Essere competitivi, essere battaglieri e pronti alla competizione,
competere, gareggiare, sfidare, duellare e infine vincere: ecco alcuni verbi-guida del
lessico del bravo capitalista post-moderno. Solo che, se questi verbi vanno bene per il
capitalista e la sua ristrettissima logica, essi vengono oggi spacciati come una specie di
"seconda natura", a cui ognuno deve sottomettersi e con cui non si può non fare i conti.
Quindi competere competere competere, e guai ai vinti. Ma cosa significa questo
"competere"? Vediamo se ce lo spiega D'alema.
Per il "sistema Italia", innanzitutto significa:
1) risanamento dei conti pubblici (? - altra formuletta del tutto oscura);
2) riforma fiscale a favore delle imprese;
3) riforma della pubblica amministrazione;
4) liberalizzazione del commercio;
5) privatizzazioni.
Che roba è? Risanamento dei conti pubblici? Perché, andavano risanati? Se proprio ci
sono dei problemi, mi sembrerebbe giusto tagliare là dove ci sono sprechi effettivi, come
ad esempio nelle incredibili paghe e negli incredibili privilegi degli alti funzionari dello
Stato. Per esempio, ridurre a livelli umani la pensione di uno come Dini, la cui moglie
peraltro possiede mezzo Costarica, oppure le rendite di un Ciampi le cui tasche
potrebbero far mangiare per un anno tutti i bambini affamati d'Africa. Ma, guarda caso,
proprio Dini ha inaugurato la drammatica (non per lui) riforma delle pensioni, che tanta
gente ha mandato sul lastrico (povera gente, non i generali dei carabinieri in pensione, per
intenderci) e Ciampi ha inaugurato quelle riforme dello Stato sociale, dalla sanità
all'istruzione, che hanno portato il nostro famoso "sistema Italia" ad un livello di
infrastrutture pari a quello di un paese - senza nessun tipo di razzismo nei loro confronti -
del terzo mondo. Provate ad entrare in una USL o in un Ospedale, o in una scuola pubblica e poi ne riparliamo.
Dunque è questa la ricerca della stabilità politica necessaria all'entrata e alla permanenza
nella mitologica "Europa"? Ebbene sì, e, per chi non lo avesse capito, ripete il Nostro:
"Naturalmente, niente finanza allegra. Non è l'ora della ricreazione". Capito?
Ma va tutto così liscio? Proprio nessun problema? Beh, uno che neanche D'alema può far
finta di non vedere, c'è: la disoccupazione. "Il problema è coniugare crescita e sviluppo
che generi occupazione. Per farlo occorre, oltre alle altre riforme già citate, continuare
anche con la riforma dello stato sociale. Non credo che la chiave di volta sia negli
investimenti pubblici, anche se i nostri sono bassissimi, come è bassissima la spesa
pubblica" Quindi? "La legislazione del lavoro crea però qualche problema...", incalza il
grande giornalista. "È vero - riprende il Nostro - che ci sono delle rigidità del lavoro
legale, ma l'area del lavoro tutelata da quelle norme ormai è attorno al 50%". Quindi?
Insomma, il lavoro nero c'è, tanto vale prenderne atto. "Io penso che su queste cose la
vecchia sinistra debba riflettere. E che si possa avviare una discussione seria uscendo tutti
dall'ideologia...Diminuendo la quantità di garanzie di certo lavoro subordinato e
aumentando quelle per le forme di lavoro più precario" strana bilancia, mi sembra
questa... "Credo di aver fatto la mia parte aprendo una polemica anche aspra per invitare il
sindacato a fare quello che si sta facendo: contratti di emersione che partono dal 60%
dei minimi contrattuali. Penso ai contratti d'area, penso a Crotone e a Manfredonia".
Oh
bravo, proprio bravo, verrebbe da dire. Come un ciclone, ci sono così piovute addosso una
serie di rivelazioni che ci lasciano storditi, e che richiedono un attimo di sosta per riaversi
da questa catarsi entro cui ci sentiamo sprofondati. Dunque, facciamo il punto: siamo alla
ricerca della "stabilità politica", al fine di entrare in gran pompa in Europa, dove già
siamo, e restarci. Ma ciò comporta sacrifici (per gli altri) che, inutile illuderci, non
cesseranno ad entrata avvenuta ma, anzi, dovranno ancor più essere intensificati per
permetterci l'entrata...dove, questa volta? Forse nell'Olimpo? Vedremo. Insomma, da parte
sua, D'alema dice giustamente di aver fatto il possibile, lottando affinché venisse distrutto
lo stato sociale, aumentate le tasse a favore dei padroni, disintegrata la spesa pubblica con
un costo sociale pazzesco a favore del "libero mercato" e, dulcis in fundo, aver
combattuto aspramente per la riduzione delle garanzie e dei salari dei lavoratori,
ottenendo significative vittorie che portano il nostro "sistema Italia" alla non invidiabile
condizione di paese tra i più ricchi (?) del mondo, in grado di entrare in Europa,
sorreggere l'Euro e restare nel G7, cioè alla condizione di paese la cui popolazione si
avvia, al pari di molti altri paesi già in queste condizioni, sull'orlo della miseria nera e
della disperazione. Come successo, non c'è che dire: niente male. Complimenti Mister, hai
fatto molta strada da quando ti picchiavano durante le partite di Calcetto alla normale. Bei
tempi... Che ne dite, lo merita o non lo merita il Paradiso questo brav'uomo?
Ma veniamo a stringere, e concludiamo questa breve ma significativa disamina di uno dei
più significativi momenti del pensiero politico post-moderno (voglio ricordare, appunto,
che ciò che muove questo mio scritto è solo una rigorosa e seria interpretazione scientifica
del pensiero politico contemporaneo, nulla più) dando una veloce occhiata ad altri temi
importanti trattati in questa illuminante intervista.
D'alema continua ricordando, sempre in seguito al terribile incalzare dello Sherlock
Holmes del Sole 24 ore, come occorra uscire dalla visione tradizionale di certa sinistra, ancorata
sempre a desuete abitudini oramai anacronistiche quali una certa tutela del lavoro, e invita a
conciliare le nuove esigenze della flessibilità (altra parola-chiave non poi così chiara e scontata)
e della produzione con quella di "creare occupazione" ("...c'è una disponibilità del sindacato a
negoziare condizioni molto particolari in cambio di occupazione", afferma gongolante il
Nostro). E via così, verso nuove avventure che onestamente non ho più lo stomaco di
raccontare, per cui interrompo qui questo piccolo lavoretto.
Spero naturalmente che questo breve scritto sia piaciuto e possibilmente servito a farsi un'idea
più chiara della nostra meravigliosa classe politica dirigente. Non sarebbe male, tra l'altro,
rappresentasse solo un primo episodio di una generale ri-messa in discussione dei termini
politico-culturali più in voga al momento. Ma non forziamo le cose. Diciamo che spero
qualcuno raccolga l'invito, e poi vedremo. Nel frattempo, che D'alema non sia con voi.
Tantomeno col vostro spirito, naturalmente.
Sempre il Vostro
Mago di Godz (Max.ini)
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