La Farmacia di Platone è chiusa - 3
OBSERVING POLITICS.
Le eterotopie si superano solo con un'adeguata epistemologia politica.
Ovvero: solo con un intenso processo di specializzazione della politica è possibile superare lo
specialismo del linguaggio politico.
Istruzioni per l'uso.
Questo non è un saggio ma un elemento di letteratura introduttiva ad un
argomento. Non essendo un saggio non ha un riscontro sistematico delle citazioni e delle fonti
ma, essendo letteratura introduttiva, è un invito a farlo.
«Mettendogli una divisa, hanno dato potere al servo: la sua natura non lo sopporterà»
Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità
Introduzione
A chiunque abbia una conoscenza, anche frammentaria, delle tematiche weberiane non sfugge il
rapporto tra attività politica e conoscenza storica. Diciamo, in termini generali, che si tratta di
quel rapporto per cui l'attività politica è produttrice, per la conoscenza storica, di nuovi indirizzi
di indagine e dove, a sua volta, la conoscenza storica è produzione del panorama che l'attività
politica si trova a attraversare. Queste pagine sono esplicitamente rivolte a ripercorrere questo
rapporto: oggi un'attività politica, che voglia essere di movimento, pone dei problemi talmente
radicali alla conoscenza storica da chiedergli esplicitamente il compito di far uscire dall'atavicità
proprio questo termine "attività politica di movimento". Allo stesso tempo, la conoscenza storica
è un terribile tribunale critico per ogni tipo di politica che abbia dentro di sè pratiche di
movimento. In questo rapporto tra politica e conoscenza storica, per il "movimento" possibile, si
avverte quindi una tensione fortissima: gli indirizzi di indagine che vengono chiesti alla
conoscenza richiedono un sovrumano sforzo di indagine storica, il panorama conoscitivo
acquisito mette impietosamente a critica la politica che c'è e proprio a partire dalle richieste che,
implicitamente, questa politica fa all'indagine storica. Non dobbiamo però, in questo caso,
pensare che la gracilità stia tutta dalla parte della politica e che una conoscenza enorme e
ineffabile destituisca continuamente di senso ogni riproposizione politica. Sarebbe, prima di
tutto, la negazione del rapporto tra conoscenza storica e politica. Ma, essenzialmente, un
siffatto pensiero ci impedirebbe di accedere alla critica della conoscenza che i terreni aperti dalla
pratica e dalla necessità politica ci impongono. Di conseguenza, queste pagine parleranno
all'interno di un rapporto tra conoscenza storica e politica proprio a partire dal come è
possibile pensare una epistemologia politica, ovvero un terreno coordinato sia di discipline che
di saperi, in rapporto ai problemi posti da una politica di movimento possibile, oggi.
1. Rammentandosi del postmoderno
A partire dalla fine degli anni '70 il concetto foucaultiano di eterotopia si salda con le correnti di
pensiero che fanno capo al postmodernismo. Anche se bisogna ricordare che allora ogni stile di
pensiero cercava di agganciarsi alle correnti postmoderne per rimanere in vita - tanto che si può
caratterizzare l'epoca come dittatura metadisciplinare del postmoderno - è invece sensato
parlare proprio di recupero di Foucault entro tale corrente. Ma di questo più avanti.
Per adesso si pensi alla ricezione della Condition postmoderne di Lyotard. Qui
l'arcifamosa considerazione sul comunismo come grande narrazione si sposa con le
considerazioni sul Coming of Postmodern Society di Daniel Bell: ci troviamo di fronte
a società temperate da livelli diffusi di consumo materiale ad alta concentrazione simbolica. In
queste società istruite, e quindi disincantate, risulta automatico lo smascheramento del volto
narrativo e affabulatorio delle ideologie politiche. In più, tutto il periodo della Krisis
cacciariana contribuisce attivamente, attraverso la conclusione teorica per cui "la classe operaia
è un mito", a scomporre in una teoria politica aspetto teoretico e aspetto mitologico.
Quest'ultimo aspetto viene attribuito, e con successo, proprio a quelle teorie che si incentravano
su un'ipotesi di cambiamento radicale a base classista (comprese quelle del rinnovamento della
concezione del concetto di classe e della critica della politica). Proprio a partire da queste
concezioni (si legga Harvey come utile contributo riassuntivo) lo spazio eterotopico si trova ad
essere spazio polimorfo e creativo. L'aleatorietà, la frammentarietà, l'eterogeneità dello spazio
eterotopico foucaultiano vengono ad assumere i tratti morfologici della società postmoderna.
Qui la velocità dell'alta concentrazione simbolica delle merci è garanzia della percezione estetica
della vivacità creativa di un'epoca: "Il postmodernismo è orientato al mercato perchè esso è il
principale strumento di comunicazione della nostra società" (Jencks, The language of
post-modern architecture, 1984). Assunto il rivolgimento classista delle società come
mitologia smascherata, assunta la market-oriented society come luogo di una robusta intelaiatura
scientifica, è l'ora della liberazione della fantasmagoria estetica delle capitali del postmoderno.
Come sempre esse stesse, stavolta tramite l'architettura postmoderna, sono elemento dinamico
di significazione estetica e produzione di senso. In questo senso si consideri che, alla fine degli
anni '70, in occasione del centenario della nascita di Spengler, si assiste a una non rituale
rivalutazione del Tramonto dell'occidente. In Spengler la fantasmagoria delle capitali
del moderno è il tratto distintivo del tramonto della cultura occidentale, l'intellettuale nomade è
colui che le canta e le attraversa. Qui, tramite Jencks, notiamo che è suggeribile un nomadesimo
intellettuale che, utilizzando la dinamica estetico-comunicativa delle grandi merci, fluttua tra
culture e spazi eteropici irriducibili e differenti e proprio per questo creativi. Con divertito gusto
della malignità possiamo dire che un'intera epoca citava, ricontestualizzandolo, Hitler. Infatti, in
uno dei suoi proverbiali scatti di collera, Adolf Hitler ebbe a notare che i tratti spengleriani
dell'Untergang non erano tanto caratteristici del tramonto quanto piuttosto del trionfo
dell'occidente.
Se l'elemento capitalistico è l'elemento stesso della comunicazione, e la sua metropoli la prova
più tangibile, se esso sfocia nella dimensione diffusa e pubblica della fantasmagoria estetica delle
eterotopie, la sfera politica si raggrinzisce fino all'invisibilità. Vista come retaggio dell'epoca,
questa sì tramontata, delle ideologie la politica tende a confondersi sempre più con
l'amministrazione. L'esplosione del capitale come elemento estetico-comunicativo porta infatti
all'invisibilità del tratto politico proprio perchè l'essenziale elemento della comunicazione sembra
non appartenere più alla politica e perchè, come vedremo più avanti, la politica sembra parlare
solo il linguaggio non-comunicativo dell'amministrazione. Di conseguenza, la dimensione
pubblica, non più sfera pubblica, non parla, non capisce nè ha bisogno del linguaggio politico. Il
quale, ritenuto incomunicabile, si trasferisce sempre più sul terreno dell'amministrazione. A
differenza delle città dove era presente il linguaggio politico della sfera pubblica, le città della
dimensione estetico-comunicativa a base capitalistica tendono a rappresentarsi come continue
sequenze di sfere private in lotta per una posizione dominante nello spazio urbano. La
dimensione pubblica del postmoderno dà rappresentazione di sè come una eterotopia di sfere
private in lotta per una sopravvivenza che si chiama visibilità, della quale non ne è, a partire dal
linguaggio pubblicamente espresso, comprensibile la fonte. Questa fonte sta nell'economia
politica che non è più concettualizzabile pubblicamente come tale perchè l'economia è stata
naturalizzata mentre la politica scompare. Andiamo a vedere dove si era cacciata ricordando
che, in simili rapporti sociali, la politica non serve più per conoscere contribuendo alla
naturalizzazione dell'economia. (Qui, per soffermarsi alla stretta economia del nostro discorso,
bisogna sottolineare che il fragore estetico dell'eterotopia postmoderna oscura di nuovo, negli
equibibri epistemologici, quella discreta sfera del No admittance exept on Business che Marx
aveva impietosamente illuminato). Quindi, prima di ritornare sulle eterotopie, questo passaggio,
e il rilievo epistemologico di compenetrazione tra amministrazione e politica che porta
all'invisibilità di quest'ultima, crediamo che vada affrontato. Ovviamente qui stiamo parlando di
una dimensione del presentarsi socialmente e pubblicamente da parte di alcune discipline e
saperi. A qualsiasi studioso può non sfuggire la natura eminentemente politica del rapporto e
della decisione amministrativa. Ma il problema sta nel fatto che nella dimensione pubblica saperi
e discipline si presentano in una conformazione che presuppone la scomparsa della politica e la
naturalizzazione dell'economia. Ed è la forma e il contenuto di questo presentarsi, nonchè le
possibilità di astrazione successive a questo momento, che ci interessano. Questo fenomeno è
possibile solo a partire da una concezione eterotopica dei fenomeni. Ma, per adesso, vediamo
Who killed Politics.
2. New York, New York. (nota lavori in corso: una sconfitta storica che porta a disintegrazione
sociale risoggettivata tramite quel tipo di eterotopie foucaultiane)
La crisi fiscale dello stato di 'O Connor viene tradotto in Italia alla fine degli anni '70. Viste le
enormi mutazioni sopravvenute nell'ambito della politica fiscale dello stato federale americano,
oggi va considerato come un libro sulla storia di un momento cruciale delle politiche di bilancio
USA prima delle reaganomics. Ed è proprio come pietra miliare di comparazione tra quel
periodo e il nostro che vale la pena di rileggerlo. Inoltre, se consideriamo la prefazione di Caffè
all'edizione italiana La Crisi.. non è che un risultato, incentrato sull'analisi della politica fiscale
degli Stati Uniti, di una riflessione sul capitale come produttore della crisi e delle disfunzioni dello
stato sociale. Come si vede, siamo agli antipodi dei ragionamenti odierni. Ed è proprio a partiredagli antipodi che forse riusciamo a far riemergere alcuni importanti ragionamenti oggi nascosti.
Inoltre, è possibile scoprire, seguendo questa traccia, quale meccanismo economico abbia
prodotto una progressiva eliminazione della politica.
Soffermiamoci sul capitolo "Potere politico e controllo del bilancio negli Usa". Qui è interessante
notare che "il bilancio per programmi diventa una tecnica, non tanto per la gestione al livello
operativo quanto per la centralizzazione dell'autorità amministrativa". Ora, se intendiamo il livello
operativo di un bilancio come il momento dell'erogazione della spesa pubblica, non ci deve
sfuggire che il bilancio per programmi è un tipo di bilancio originariamente concepito proprio a
questo scopo. Si tratta di un tipo di bilancio il cui capitolo di spesa deve essere collegato a un
progetto sulla fattibilità operativa e sociale del capitolo . Se la tecnica del bilancio per
programmi non serve tanto al livello operativo quanto al momento della centralizzazione
dell'autorità amministrativa, non possiamo non notare, lapalissianamente, che l'erogazione della
spesa pubblica è subordinata alla capacità di coordinamento amministrativo da parte degli istituti
federali Usa e all'istituzione di una scienza adeguata per questo processo. Il risvolto friendly di
questo ragionamento, che vela i processi in atto, è quello della razionalizzazione burocratica di
un processo di decisione su capitoli di spesa pubblica, del quale l'intreccio tra fattibilità del
progetto e disponibilità finanziaria ne sarebbe testimone. Invece avvengono due fenomeni: dal
punto di vista della tecnica amministrativa il bilancio per programmi è strettamente subordinato a
esigenze di restrizione contabile mentre, dal punto di vista sociale e politico, esso è traccia di
una spettacolare restrizione del peso della Working Class nella redistribuzione della ricchezza
tramite lo stato sociale e di una sua progressiva cancellazione politica.
Il modo attraverso il quale si possono leggere questi fenomeni è, all'inizio, tutto contabile. Nella
contabilizzazione di questo tipo di bilancio infatti, tra gli esperti Usa, si diffondono due termini,
contained specialisation (specializzazione) e incremental decision-making (decisione a margine),
che indicano un particolare processo. Esso consiste nel trasferimento delle decisioni di bilancio
nelle mani di specialisti, frutto della contained specialisation, che operano evitando di incontrare,
tramite questo procedimento della incremental decision-making, ogni tipo di ingerenza politica.
Così, secondo Sharkansky (The Politics of Taxing and Spending) "i criteri di competenza
tecnica e di professionalità sembrano prevalere sulle lotte di fazione".
Se accettiamo l'idea che una delle dinamiche di questo processo di progressivo accumulo di
carico decisionale da parte tecnici di bilancio ,nella spesa pubblica americana, sia una risposta
alle esigenze di interne di stabilizzazione del bilancio e degli uffici federali, abbiamo conquistato
una fetta di verità.
L'altra fetta sta nell'esigenza, proprio a partire dal periodo in cui scrive O' Connor, da parte
dello stato federale di sciogliere la contraddizione, che lo portava verso la bancarotta, che lo
voleva sia riparatore dei guasti sociali provocati dal settore dei grandi monopoli che elemento
indispensabile nella crescita e nello sviluppo dei monopoli stessi. La forza organizzata della
Working Class era ciò che permetteva a questa contraddizione di esistere: ora sostenendo
corporativisticamente i monopoli "per lo sviluppo", ora rivendicando politicamente la riparazione
dei guasti sociali. Con gli anni '80 la sconfitta e la scomposizione organica della Working Class
hanno portato la risoluzione di questa contraddizione (ma non della bancarotta, a causa delle
reaganomics e delle conseguenti follie finanziarie).
In questo modo, osservando queste due fette di verità, ci interessa osservare come il terreno
della decisione sulle risorse da destinare nella società, decisione eminentemente politica, passi
sia attraverso gli automatismi di bilancio (con tecnica conseguente) che attraverso la sconfitta
politica, e la scomposizione di quella classe che più necessitava di decisioni che non legassero la
spesa sociale alle esigenze di razionalizzazione contabile.
Se, essendo d'accordo con il povero Caffè, pensiamo che il discorso di O' Connor sia
estendibile a un periodo storico possiamo allora affermare che, vista da questo punto di vista, la
scomparsa della socializzazione del sapere politico è prodotta dalla tecnicizzazione contabile
delle decisioni su argomenti sociali da parte dello stato e dalla disintegrazione della classe che
aveva tutto l'interesse a impedire questa tecnicizzazione. Il sapere politico viene tutto risucchiato
nella decisione amministrativa, e nelle ricerche ad essa correlate, e su quel terreno esprime la
sua ricchezza. La controprova di questo fenomeno l'abbiamo quando osserviamo i momenti in
cui la politica si esprime pubblicamente: o parla un linguaggio criptico, perchè esprime la faticosa
ricerca di largo consenso su soluzioni di origine amministrativa, o parla di favole (il mito
dell'imprenditore che "risolve", dell'uomo onesto gradito alle famiglie) che alla superficie non
hanno niente a che vedere con la soluzione, anch'essa originata dal lavoro amministrativo, che si
cerca di far passare. La politica intesa come tale, cioè come espressione di un sapere sociale in
dialettica con un' epistemologia adeguata, non esiste. L'epistemologia esiste solo per le soluzioni
amministrative mentre il sapere sociale si è dissolto in favore delle mitologie che prima
comprendeva ma di cui non erano componente assoluta. Il concetto di eterotopia ha molto a
che fare con questo fenomeno. Pur considerando che non ci sfiora minimamente la mitologia del
sociale, bisogna osservare che l'idea di eterotopia può affermarsi solo a partire della
disintegrazione del legame sociale nella sfera pubblica. E qui il postmoderno, come sapere della
pubblicità successivamente affermatasi, ha svolto il suo ruolo importante.
S. Cacciari
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